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Perseguitati dai dubbi


Di tutte le cose sicure la più certa è il dubbio, così diceva Bertolt Brecht e se questo è vero per tutti noi lo è ancor di più per chi soffre di Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC). Queste persone, costantemente attanagliate dall’incertezza e da una scarsa fiducia nella propria memoria si domandano più volte al giorno se hanno chiuso la macchina, se hanno spento il gas, se hanno mandato quella mail importante ecc… Questo continuo dialogo interno, fatto di domande senza risposte certe, porta la persona con DOC ad attuare incessanti comportamenti di controllo per verificare di aver fatto tutto a dovere. La persona si trova così intrappolata in un circolo vizioso di dubbi, ansia e controllo.

Da anni la terapia cognitivo comportamentale è considerata il trattamento di eccellenza per questi disturbi. Il focus principale di questo approccio è un complesso processo terapeutico di esposizione e prevenzione della risposta o ERP. I soggetti in pratica, dopo un intervento psicoeducativo sulla gestione dell’ansia, vengono esposti a stimoli per loro ansiogeni (ad esempio un dubbio sull’aver chiuso la porta di casa o il dover toccar un oggetto sporco) e si chiede loro di tollerare l’ansia indotta dall’incertezza senza attuare comportamenti compulsivi (ad esempio controllare la porta o lavarsi le mani).

Adam Radomsky e altri ricercatori canadesi della Concordia University hanno tuttavia constatato che non tutti pazienti riescono ad applicare con efficacia questa tecnica, seppur molto valida, ed hanno così sviluppato un nuovo protocollo di trattamento per il disturbo ossessivo compulsivo. Tale approccio prende il via dall’osservazione e accertamento dell’enorme senso di responsabilità che spinge gli individui DOC a controllare in modo compulsivo il proprio ambiente. Inoltre i continui controlli effettuati dai DOC, sottolinea Radomsky, producono via via una diminuzione della fiducia che il soggetto ha in se stesso e soprattutto nella propria memoria, il che aumenta l’incertezza inducendo sempre maggiori dubbi e quindi ansie e di nuovo controlli. Secondo Radomsky tale ciclo potrebbe essere spezzato sgonfiando i sentimenti di responsabilità personale spropositati e riducendo la catastrofizzazione dei soggetti DOC.

I ricercatori canadesi si focalizzano quindi più sui processi mentali che sul comportamento compulsivo, andando a ristrutturare le credenze dei soggetti riguardo la percezione della propria responsabilità personale, la fiducia nella propria memoria e la tendenza alla catastrofizzazione. Tutto ciò permetterà di ridurre le insicurezze e i sentimenti di colpa che tormentano i DOC.

Gli autori, dopo aver sviluppato il modello teorico attorno al quale si struttura il nuovo protocollo di intervento, stanno ora sperimentando “sul campo” questo nuovo approccio per verificarne la reale applicabilità ed efficacia.

 

 

Fonte:

Concordia University (2012, April 10). Overcoming obsessive-compulsive disorder. Link: http://www.concordia.ca/now/media-relations/news-releases/20120410/overcoming-obsessive-compulsive-disorder.php

Adam S. Radomsky, Roz Shafran, A.E. Coughtrey, S. Rachman, (2010) Cognitive-Behavior Therapy for Compulsive Checking in OCD. Cognitive and Behavioral Practice, Vol. 17 (2), 119-131

 

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